Industria 4.0, il futuro è adesso

Fra speranze, timori e uno specifico piano del Governo come si sta guardando alla quarta rivoluzione industriale in un territorio con molte imprese già pronte

Non è più tempo di magnifiche sorti e progressive. Nonostante i nostri spostamenti siano inconcepibili senza mobile, nonostante la connessione sia ormai il terzo polmone per miliardi di persone, la quarta rivoluzione industriale fa paura. Preoccupa, in prospettiva, per il suo impatto sociale e occupazionale più che per il qui e ora, che è la realtà vera di una tecnologia diventata inseparabile compagna di viaggio all’ inizio del terzo millennio. E come potrebbe essere altrimenti al cospetto di quello che si annuncia come un cambio epocale? Su questo, infatti, le convergenze sono ampie: il 36% pensa che il processo che porterà a una produzione completamente automatizzata e interconnessa alla rete sia già visibile oggi, il 45% che si vedrà a breve, mentre soltanto il 19% dubita che questo avverrà. In genere robotica, nanotecnologie, stampa in 3D, genetica e biotecnologie, internet delle cose affascinano se si pensa alle potenzialità che dischiudono le loro applicazioni; spaventano, però, per la ricaduta sul mondo del lavoro per come è configurato oggi. «Come ogni cambiamento, anche la cosiddetta quarta rivoluzione industriale va affrontata e trasformata in un’occasione di crescita –dichiara il presidente della BCC di Busto Garolfo e Buguggiate Roberto Scazzosi–. Penso che, nel breve periodo, le conseguenze di questi rivolgimento potrebbero non essere positive. E questo per il fatto che non tutti sapranno adattarsi tempestivamente al nuovo modo di fare impresa. Se guardo, invece, il tema con una prospettiva più lunga credo che i benefici arriveranno e che saranno maggiori delle difficoltà incontrate. In ogni caso è una sfida cui non ci si può sottrarre se si vuole essere competitivi. E il nostro territorio saprà, anche questa volta, attrezzarsi per recitare un ruolo di primo piano».

Ogni rivoluzione, del resto, ha lasciato sul campo qualche vittima e c’è ragione di credere che la quarta rivoluzione industriale non sarà un’eccezione. Gli analisti internazionali prevedono la perdita di 7 milioni di posti di lavoro contro 2 soli milioni di posti guadagnati con le nuove professioni; il 47% del campione di italiani sondato da un’indagine SWG in ottobre individua nella perdita di posti di lavoro la prima conseguenza dell’avvento dell’industria 4.0, il 34% indica nei potenti i beneficiari dei vantaggi creati dall’industria del futuro. Prima ancora che l’opinione pubblica abbia inquadrato compiutamente la portata di un fenomeno tanto complesso sono già comparsi segnali di preoccupazione. Fermo restando che l’81% degli intervistati considera inarrestabile il mutamento che interesserà la gran parte del nostro sistema produttivo, il processo è avvertito come una grande opportunità per il sistema produttivo e imprenditoriale, come un rischio se si guarda agli aspetti socio-occupazionali. Secondo gli italiani intervistati le professioni che saranno più colpite dalla rivoluzione alle porte sono, nell’ordine, operai (43%), artigiani e braccianti (30%), settore impiegatizio e mansioni esecutive (26%), infine le professioni non qualificate (23%). La quarta rivoluzione industriale, secondo il campione del sondaggio, favorirà invece le professioni scientifiche (32%), formative (26%) e tecniche (21%). L’affermarsi della robotica porterà una perdita di posti di lavoro per il 47% degli intervistati, la riduzione della richiesta di manodopera poco qualificata (32%) e, su un piano sociale, l’ulteriore ridimensionamento del ceto medio (18%). Scoraggiante, poi, la proiezione in chiave beneficiari: secondo il 34% il cambiamento del sistema produttivo porterà vantaggi a chi già occupa posizioni di potere e che vedrà, così, aumentare i profitti. Se la fiducia della vox populi non è alle stelle, quell’emanazione popolare che sono i politici si è già confrontata con quello che, volenti o nolenti, rappresenta l’ineluttabile. Data, infatti, 21 settembre 2016 la presentazione a Milano del Piano nazionale industria 4.0, il documento del ministero dello Sviluppo economico che prevede incentivi fiscali per 13 miliardi di euro, distribuiti in sette anni tra il 2018 e il 2024 per la copertura degli investimenti privati sostenuti nel 2017. L’aumento di spesa privata per la direttrice investimenti innovativi assomma a 24 miliardi di euro (+10 miliardi in innovazione nel 2017; +11,3 miliardi nel triennio 2017-2020 per la ricerca e lo sviluppo; +2,6 miliardi dei finanziamenti privati,). Sulla direttrice competenze figurano invece 200 milioni di euro di impegni privati e 700 milioni di impegni pubblici distribuiti fra l’implementazione del piano nazionale di scuola digitale, l’approntamento di corsi universitari e post inerenti l’industria 4.0, il potenziamento di cluster tecnologici e la creazione di competence center selezionati sui temi dell’industria 4.0. «Non vedo proprio come la rivoluzione 4.0 non possa passare dalle imprese di questo territorio che ha vissuto da protagonista tutte le fasi dell’industrializzazione, eccellendo sia a livello italiano sia europeo – dichiara il direttore generale della BCC Luca Barni–. Se è vero che otto anni di crisi hanno pesato sul tessuto economico locale, è indiscutibile che il patrimonio di innovazione che questo processo porta con sé serva al territorio per continuare a essere se stesso, quindi per guardare nei fatti allo sviluppo e alla crescita negli anni a venire. Come banca siamo già entrati in contatto con imprese e start up proiettate nell’ industria 4.0 ed è chiaro che in futuro dovremo lavorare con loro per accompagnare e favorire questa rivoluzione ».

Ed è stata l’industria 4.0 il fil rouge della cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico della Università Cattaneo LIUC il 21 novembre. A Castellanza è stato proprio il ministro promotore e firmatario del piano, Carlo Calenda, a illustrare il documento. «Dopo vent’anni di vuoto, con il piano Industria 4.0 torniamo a parlare di politica industriale -ha sottolineato il ministro- Lo abbiamo messo a punto anche in base a quanto richiesto dal mondo produttivo. Ora tocca proprio agli imprenditori. Non possono più permettersi di perdere questa occasione. L’Industria 4.0 va abbracciata e governata con serietà. In caso contrario, il rischio è di scomparire dal mercato». Un invito che è stato accolto e rilanciato dal numero uno degli industriali varesini, Riccardo Comerio, per il quale «il tessuto economico della provincia di Varese ha tutte le carte in regola per poter cogliere al meglio le opportunità». Importante sottolineare che le condizioni per coglierle possano e debbano essere opportunamente create, proprio come -ha sottolineato Calenda- accade nell’ ateneo castellanzese. «Sono convinto che il tessuto economico di questo territorio abbia tutte le caratteristiche per cogliere questa opportunità. E il fatto stesso che proprio l’industria 4.0 sia stata messa al centro dell’attività futura di questo ateneo voluto dagli imprenditori è un segnale inequivocabile che qui si è capita l’importanza della materia. È una rivoluzione industriale che è anche rivoluzione portata avanti da nuovi talenti e qui abbiamo un esempio di qualcosa che, in questo senso, funziona». E sul fatto che non si getti certo nel deserto il seme della quarta rivoluzione industriale fa eco al ministro ancora il presidente di Univa Comerio: «il nostro territorio ha più di altri una predisposizione nei confronti di questa rivoluzione industriale. Qui abbiamo già un manifatturiero di alto livello, di qualità assoluta ed è indubbio che chi va in azienda ogni giorno debba prendere spunto da questo piano in cui si torna a parlare di politica industriale. Qui da noi si va oltre lo slogan. È una strada che abbiamo aperto e che stiamo già percorrendo. È un nuovo approccio alla produzione che è già in essere». Tornando al sondaggio si evidenziano elemento positivi, come il peso sempre maggiore che rivestirà la professionalità: secondo il 27% del campione saranno sempre più richiesti i profili con una marcata specializzazione.

In termini di categorie, le professioni più beneficiate dall’ affermarsi dell’industria 4.0 saranno: le professioni scientifiche (32%), le professioni di formazione e ricerca (26%), le professioni tecniche (21%), il management (16%), le professioni creative (11%) e quelle intellettuali (10%). Alla società digitalizzata si guarda, insomma, con un misto di fascino e di riserve; da una parte le grandi potenzialità racchiuse nei big data e nell’ internet delle cose, dall’ altra la sensazione di maggiore instabilità e insicurezza. Sensazione che si traduce nel timore di un peggioramento nella qualità del lavoro e della vita, nella riduzione delle retribuzioni, del livello di benessere, delle opportunità e perfino delle libertà, date le possibilità di controllo, anche della vita privata, garantite dalle tecnologie più sofisticate. Se è certo che i timori nascono da una conoscenza soltanto parziale di un tema vasto e complesso, non si possono ignorare i rischi che l’industria 4.0 comporta. Il primo è la marginalizzazione dei lavoratori meno professionalizzati, che porta con sé l’assottigliamento del ceto medio. La società digitale comporterà, infatti, una diversa organizzazione del lavoro, l’apprendimento permanente, la ridefinizione dei percorsi di carriera e conoscenza e una diversa consapevolezza dell’importanza del lavoro nel processo di innovazione. La rivoluzione porterà quindi buoni frutti se ai processi di innovazione che investiranno l’industria 4.0 saranno affiancati cambiamenti nel tessuto sociale nella direzione di una società effettivamente 4.0, ossia reticolare, con persone connesse l’un l’altra, ognuna impegnata con le proprie competenze all’ interno di un progetto comune e condiviso – nel 2014 emergeva già la necessità di un dialogo costante di una rete condivisa di competenze. «In un momento economico ancora nel segno dell’incertezza, servono decisioni risolute sulla direzione da prendere per vincere le sfide poste dal mercato globale –dice il vice presidente BCC Mauro Colombo–. Se scegliere la strada dell’innovazione è imprescindibile, questa opzione oggi significa puntare con forza sull’ industria 4.0. L’Italia ha ottime chance e le piccole e medie imprese del nostro territorio, in particolare, sono avvantaggiate per le competenze e l’alto valore aggiunto che sono sempre stati il loro patrimonio più importante. C’è una sensibilità diffusa sull’ argomento che fa ben sperare: la quarta rivoluzione industriale può vedere il nostro Paese giocare un ruolo da vero protagonista».

Della rivoluzione tecnologica nel segno della connessione dà una lettura da imprenditore nel campo degli elettrodomestici il consigliere del CdA Giuseppe Barni: «se penso alla diffusione dei prodotti per la domotica e degli elettrodomestici intelligenti vedo un mercato ancora di nicchia. I numeri, al momento, sono molto bassi, complice probabilmente il prezzo degli articoli a più alto contenuto tecnologico, come sono gli elettrodomestici connessi. Potrebbe essere, esattamente come è accaduto in passato per altri prodotti, che, con prezzi più contenuti, il mercato si allarghi, ma adesso, se non siamo in una fase pionieristica, direi che parliamo ancora di articoli in mano a un’ elite. Gli showroom presentano ambienti nel segno della domotica e della smart home, ma queste novità non sono entrate se non in minima parte nelle case degli italiani». «Viviamo un’epoca in cui gli stimoli di un mondo in veloce trasformazione sono crescenti –commenta il vice presidente vicario Ignazio Parrinello–. Nella convinzione che in un’epoca di cambiamento anche la forma rivesta un preciso significato, espressioni come “fabbrica intelligente”, che nella sostanza è sinonimo di “industria 4.0” o di “fabbrica 4.0”, sono utilizzate per indicare tutto ciò che riguarda l’evoluzione digitale e la conseguente trasformazione delle nostre imprese. È chiaro che stiamo parlando di trasformazioni che evidenziano significativi aspetti socio economici e risvolti non indifferenti sull’ apparato produttivo industriale. Possiamo tranquillamente affermare che la globalizzazione ha generato la parte più significativa del cambiamento trasformando non solo i modelli relazionali e le modalità di comunicazione, ma anche i sistemi produttivi, i modelli di distribuzione e la gestione dei rapporti con clienti e fornitori; rapporti, questi, che vanno continuamente monitorati e aggiornati. Un economista statunitense sostiene che nell’ era della globalizzazione è la capacità tecnologica del fornitore – produttore di beni e servizi che crea il buon cliente: questo è il senso della fabbrica intelligente e noi dobbiamo capire che è realmente cambiato il modo di fare impresa. Se si vuole avere successo nel fare impresa bisogna tendere al massimo grado possibile di innovazione, di digitalizzazione e di tecnologia» «Imboccare la strada dell’industria 4.0 non è un’opzione; è una necessità se non vogliamo perdere la sfida della competitività globale – commenta il componente del CdA Diego Trogher–. Quello che deve essere chiaro è che tutti giocano il proprio ruolo in questa partita decisiva per il futuro dell’economia: molti imprenditori del nostro territorio hanno già fatto questa scelta e ci credono fortemente; anche la politica e le istituzioni, quindi, devono fare la propria parte. In questo senso il Piano nazionale industria 4.0 presentato dal Governo è un segnale importante e tangibile della rilevanza che la politica attribuisce al tema. Nel settore in cui opera la mia azienda ho modo di vedere l’impatto crescente delle stampanti 3D nella progettazione e realizzazione dei pezzi; è chiaro che la strada è tracciata e che indietro è inammissibile tornare». Che la quarta rivoluzione industriale fosse tema da segnare in rosso sull’ agenda, del resto, è stato chiarissimo dai primi giorni dell’anno. Al World Economic Forum tenutosi a Davos, in gennaio, l’argomento figurava nella prima riga della prefazione del report “The future of jobs”, firmata da Klaus Schwab, presidente e fondatore del WEF. Il chairman così scriveva: “il punto è come il mondo economico, i governi e le singole persone reagiranno a questo processo di sviluppo. Onde evitare lo scenario peggiore –l’innovazione tecnologica accompagnata da carenza di talenti, disoccupazione di massa e diseguaglianze crescenti– lavorare sulle competenze dei lavoratori, adeguandole e implementandole alla luce delle nuove sfide sarà cruciale.

 

Hanno detto

Mauro Colombo
Vice presidente BCC Busto Garolfo e Buguggiate

«Scegliere la strada dell’innovazione è imprescindibile e questo significa puntare sull’industria 4.0. C’è una sensibilità diffusa sull’ argomento che fa ben sperare: la quarta rivoluzione industriale può vedere il nostro Paese giocare un ruolo da vero protagonista»

 

 

Ignazio Parrinello
Vice Presidente vicario BCC Busto Garolfo e Buguggiate 

«La globalizzazione ha trasformato i sistemi produttivi, i modelli di distribuzione e la gestione dei rapporti con clienti e fornitori. Se si vuole avere successo nel fare impresa bisogna tendere al massimo grado di innovazione, di digitalizzazione e di tecnologia»

 

 

Giuseppe Barni
Componente comitato esecutivo BCC Busto Garolfo e Buguggiate

«Se penso alla diffusione dei prodotti per la domotica e degli elettrodomestici intelligenti vedo un mercato ancora di nicchia; potrebbe essere, proprio come è già accaduto in passato per altri prodotti, che, con prezzi più contenuti, il mercato si allarghi»

 

 

Diego Trogher
Componente comitato esecutivo BCC Busto Garolfo e Buguggiate
«Imboccare la strada dell’industria 4.0 non è un’opzione; è una necessità. Ho modo di vedere all’interno del mio settore l’impatto crescente delle stampanti 3D nella progettazione e realizzazione
dei pezzi: è ormai chiaro che indietro è inammissibile tornare»

 

Innovation Day: imprese, istituzioni e università si confrontano

Si chiama Innovation Day e farà dialogare sino a maggio imprese, università e istituzioni in nome dell’innovazione. L’incontro di presentazione del progetto, organizzato dal quotidiano La Provincia di Varese e che vede la BCC di Busto Garolfo e Buguggiate come partner, si è tenuto giovedì 20 ottobre a Ville Ponti a Varese. Moderato dal giornalista Andrea Aliverti e da Fabrizio Tamborini, partner della società Innesti, l’incontro ha visto la presenza del presidente della Camera di Commercio di Varese Giuseppe Albertini, dei rettori dell’Università dell’Insubria Alberto Coen Porisini e della LIUC Carlo Cattaneo Federico Visconti, dell’assessore regionale all’Università, Ricerca e Innovazione Luca Del Gobbo, oltre alle aziende del territorio scelte come casi di innovazione. Le prime due aziende a raccontare la propria storia sono state Sapra Elettronica, società di elettronica industriale di Cassano Magnago di cui è amministratore Mario Canziani e Vodafone Automotive, attiva in progetti di innovazione nel campo della mobilità che sfruttano l’internet delle cose. «La Bcc si è mossa già da tempo nel campo ad esempio dell’automatizzazione dei pagamenti -spiega il direttore generale Luca Barni – Osservando i numeri, notiamo come le operazioni attraverso l’home banking aumentino del 6% mentre quelle allo sportello calino del 4%. L’automatizzazione dei pagamenti, oltre a un’oggettiva comodità per il cliente, porta anche maggiore sicurezza, perché significa meno contanti in circolazione. Le nuove tecnologie sono destinate a cambiare i rapporti tra banche e clienti; non per niente i futuri competitor delle banche saranno Google e Amazon. Alla Bcc si possono già effettuare o ricevere pagamenti attraverso un’apposita App sul proprio dispositivo mobile, senza bisogno di conoscere l’Iban del destinatario».

0 replies on “Industria 4.0, il futuro è adesso”