Il territorio come fattore di competitività globale. È il messaggio, forte e chiaro, inviato dalla settantesima assemblea di Confindustria Alto Milanese il 20 ottobre scorso; appuntamento che ha visto presenze eccellenti, su tutte il ministro del Lavoro e delle Politiche sociali Giuliano Poletti e il presidente di Confindustria Vincenzo Boccia (per la BCC erano presenti il presidente Scazzosi e il direttore Barni), in una sede d’eccezione, la Franco Tosi di Legnano. Franco Tosi che significa storia, quella di uno dei simboli dell’industria del territorio famoso nel mondo; futuro prossimo venturo, perché l’assemblea in Tosi cade a poche settimane dalle decisione della proprietà sul futuro dell’azienda –restare a Legnano o trasferire la produzione di turbine a Burago di Molgora– terreno d’incontro ideale, quindi, con il ministro; stretta attualità, perché la Tosi, più volte sull’orlo del baratro e data per spacciata negli anni scorsi, è oggi in piedi e –come ricordato dal proprietario Alberto Presezzi, appena ritornato dall’Iran– capace di generare valore grazie a un grande lavoro team, al patrimonio di competenze delle maestranze di Piazza Monumento e a un network di vendita ben ramificato all’estero. Un palcoscenico ideale, quindi, per affrontare il copione scelto per l’assemblea, “Glocal, imprese globali con radici locali” con la scenografia a scandire il senso del discorso del numero uno di Confindustria Alto Milanese Giuseppe Scarpa. Sui gonfaloni disposti a lato del pubblico campeggiavano domande che richiamavano l’attenzione sul peso che l’industria riveste a oggi sul territorio dopo la durissima fase di crisi globale cominciata nel 2008. Lo sai che il manifatturiero è la sala macchine della ripresa, che uno dei più grandi torni verticali al mondo è stato costruito a Villa Cortese (dalla Pietro Carnaghi Spa di Villa Cortese), che l’azienda numero uno nel tessuto denim produce nel Parco del Ticino (Candiani denim), che il secondo costruttore europeo di compressori refrigeranti (Frascold S.p.a.) produce a Rescaldina? Per concludere con una domanda trabocchetto: manifatturiero contemporaneo o artigianato rinascimentale? A sottolineare la straordinarietà della situazione delle imprese dell’Alto Milanese, in grado di stare sul mercato globale del terzo millennio con una cura del dettaglio e una capacità di calibrare il prodotto sulle esigenze del cliente degna delle botteghe d’antan. Un’eccellenza che si traduce in numeri che confermano la solidità della base manifatturiera nell’Alto Milanese: 2mila 700 industrie con oltre 20mila occupati; un fatturato di 5 miliardi di euro nel 2015, di cui 2,2 miliardi di export. Uno stato di salute che ha portato con sé la creazione di 540 posti di lavoro negli ultimi due anni e che, nei primi 9 mesi del 2016, ha visto una crescita del 2% sul 2015 degli occupati e una riduzione della cassa integrazione del 26%. «Cosa deve avere quindi questo territorio per aiutare le sue aziende a eccellere nel mondo?» si è chiesto Scarpa e la risposta è coerente con l’impegno dell’associazione degli industriali: un sistema scolastico connesso con l’economia, infrastrutture e logistica, servizi efficienti, un fisco locale amico, una pubblica amministrazione rapida e snella. Condizioni imprescindibili perché «Se l’Alto Milanese non
riesce a mantenere e valorizzare questi elementi perdiamo un grande vantaggio competitivo e ne va del nostro essere Glocal, la nostra identità». L’assemblea ha visto una tavola rotonda moderata dal giornalista economico Gianfranco Fabi con due imprenditori del territorio, il “padrone di casa”, Alberto Presezzi di Franco Tosi Meccanica SpA, e Felice Rossini, della Rossini SpA di Rescaldina. Presezzi ha ricordato lo scetticismo che lo circondava quando espresse l’intenzione di rilevare la Tosi e di come, lavorando sulle competenze presenti e sul senso di appartenenza, l’azienda sia tornata competitiva. Rossini ha sottolineato l’importanza dell’innovazione anche per un’azienda di medie dimensioni e che la spinta all’innovazione deriva dai problemi che i clienti portano; una strategia aziendale che non può che avere la logica sartoriale come modus operandi. Il messaggio all’assemblea del ministro Poletti è stato di fattivo ottimismo: «Un Paese cambia in ragione delle sue aspettative; se si mette al centro la capacità di fare si produce lavoro. Per troppo tempo si è pensato che la cultura fosse tale se non serviva a nulla; con il piano industria 4.0 lavoriamo perché più giovani studino nelle scuole tecniche, per profili richiesti nel mondo del lavoro». A conclusione dell’assemblea il numero uno di Confindustria Vincenzo Boccia ha sottolineato il paradosso italiano: «siamo il secondo Paese industriale europeo con una cultura anti industriale; noi crediamo che la fabbriche siano il luogo del futuro e vogliamo che sia chiaro che chi è contro le imprese è contro il Paese».







