“Nonostante il rallentamento ciclico, i principali indicatori dello stato di salute del sistema bancario italiano restano nel complesso positivi. La qualità del credito si mantiene buona: lo scorso settembre l’incidenza dei prestiti deteriorati al netto delle rettifiche di valore era pari all’1,5 per cento”, spiega il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco nel suo intervento al 29° Congresso ASSIOM FOREX
“Per le banche significative essa è sostanzialmente in linea, all’1,2 per cento, con quella media dei paesi che aderiscono all’Unione bancaria. Resta basso, intorno all’uno per cento dei finanziamenti, il flusso di nuovi prestiti deteriorati. I margini di liquidità si sono lievemente ridotti a seguito dei primi rimborsi delle operazioni mirate di rifinanziamento a più lungo termine (targeted longer-term refinancing operations, TLTRO) ma rimangono ampiamente al di sopra dei minimi regolamentari.
La redditività è sostenuta dalla crescita del margine di interesse e da rettifiche di valore su prestiti ancora particolarmente contenute. Nei primi nove mesi del 2022 il rendimento del capitale e delle riserve (return on equity, ROE) è aumentato di 7 decimi di punto percentuale rispetto allo stesso periodo del 2021, all’8,7 per cento. Il coefficiente di patrimonializzazione relativo al capitale di migliore qualità (common equity tier 1 ratio, CET1 ratio), diminuito di circa mezzo punto percentuale, al 14,6 per cento, si mantiene più elevato dei valori registrati prima della pandemia ed è solo marginalmente inferiore a quello medio dei paesi dell’Unione europea. Il calo più accentuato per le banche significative riflette principalmente le distribuzioni straordinarie di utili effettuate dai maggiori intermediari.
In presenza di un più rapido rialzo dei tassi attivi, l’aumento dei rendimenti di mercato favorisce le banche con operatività tradizionale, che gli scorsi anni avevano visto la loro redditività compressa dai bassi margini di interesse. Nel 2022 il differenziale tra i tassi applicati dalle banche ai nuovi prestiti a famiglie e imprese e il costo marginale della raccolta si è ampliato di quasi un punto percentuale, al 2,2 per cento. Insieme con la crescita dei finanziamenti ciò ha contribuito all’aumento significativo, di quasi il 12 per cento, del margine di interesse nei primi tre trimestri del 2022. Sulla base delle regolarità storiche, i ricavi derivanti dall’attività di intermediazione tradizionale dovrebbero continuare a crescere anche nei prossimi anni.
L’inflazione abbatte il valore reale del debito, riducendo la probabilità di insolvenza dei prenditori indebitati a tasso fisso e i cui ricavi non soffrono in misura significativa per l’aumento dei prezzi. Una parte preponderante dei debiti delle imprese, tuttavia, è a tasso variabile e alcuni settori sono particolarmente esposti ai rincari dell’energia. In prospettiva, quindi, non va escluso un incremento anche significativo delle rettifiche su crediti; secondo analisi coerenti con lo scenario macroeconomico di base elaborato in Banca d’Italia, esse potrebbero salire, in rapporto al totale dei finanziamenti, da meno di mezzo punto percentuale a quasi un punto quest’anno e nel 2024, ancora la metà rispetto al picco toccato nel biennio 2013-14 a seguito della crisi dei debiti sovrani, un livello superiore anche a quello che si realizzerebbe in uno scenario avverso.
Quest’anno e il prossimo la redditività bancaria dovrebbe comunque rimanere positiva per il complesso degli intermediari, anche se potrebbe crescere il numero di quelli che registreranno perdite, che seguiremo con particolare attenzione. Queste indicazioni sono coerenti con le attese formulate nel mercato. Dalla scorsa estate, in concomitanza con l’avvio della fase di aumento dei tassi da parte della BCE, i principali analisti hanno rivisto al rialzo le aspettative di redditività a un anno per i maggiori otto gruppi bancari italiani quotati (che rappresentano oltre i due terzi del totale dell’attivo del settore). Secondo i dati più recenti, per quest’anno e per il 2024 viene previsto un ROE in media vicino all’8 per cento; tre gruppi registrerebbero una redditività prossima o superiore al 9 per cento, nessuno dovrebbe chiudere l’esercizio in perdita.
Oltre all’effetto sui conti economici, il rialzo dei tassi di interesse ha anche un effetto diretto sul patrimonio di vigilanza degli intermediari, riflesso del calo dei corsi dei titoli obbligazionari, sovrani e non, valutati ai prezzi di mercato. Un aumento parallelo di 150 punti base della curva dei rendimenti dai livelli di fine anno porterebbe a una diminuzione del CET1 ratio di circa 80 punti base. Considerando che questa stima non incorpora le strategie di mitigazione del rischio eventualmente predisposte dagli intermediari per mezzo, ad esempio, di derivati di copertura, l’impatto sui coefficienti patrimoniali risulterebbe pertanto gestibile.
La crescita del margine di interesse potrebbe essere inferiore alle attese qualora la trasmissione dell’aumento dei tassi di mercato a quelli relativi alle passività delle banche fosse più rapida rispetto al passato. Il costo della raccolta potrebbe inoltre risentire della ricomposizione della provvista a favore di strumenti relativamente più onerosi, come i depositi a termine o le obbligazioni. Già dalla scorsa estate i depositi a vista di famiglie e imprese hanno iniziato a diminuire, coerentemente con il tentativo dei depositanti di salvaguardare il potere di acquisto dei propri risparmi, anche se non si è ancora assistito a un significativo rialzo dei rendimenti offerti dalle banche su questa forma di provvista. La ricomposizione del passivo degli intermediari potrà altresì essere influenzata dalla necessità di emettere nuove obbligazioni per sostituire, almeno parzialmente, la provvista effettuata in passato attraverso le operazioni di rifinanziamento a lungo termine dell’Eurosistema e per rispettare i requisiti minimi per i fondi propri e le passività ammissibili (minimum requirement for own funds and eligible liabilities, MREL). Infine, se la congiuntura dovesse rivelarsi più sfavorevole di quanto previsto, la qualità dei prestiti ne risentirebbe, determinando una maggiore incidenza delle perdite su crediti.
A fronte di questi rischi la Vigilanza sta conducendo approfondimenti tematici con riferimento ai profili di credito, di liquidità e di rifinanziamento. Continua la valutazione della qualità dei prestiti che hanno beneficiato delle misure di sostegno varate durante la crisi pandemica. Finora i tassi di deterioramento dei finanziamenti che hanno beneficiato della garanzia dello Stato si sono mantenuti bassi nonostante per la maggior parte di essi il periodo di preammortamento, in cui i debitori erano tenuti a corrispondere la sola quota interessi, sia terminato già da diversi mesi. Particolare attenzione viene anche rivolta agli intermediari maggiormente esposti verso le imprese che più risentono dell’aumento del costo dell’energia. Al momento non appare necessario reintrodurre misure di sostegno generalizzate simili a quelle pensate per fronteggiare la crisi pandemica. Eventuali rinegoziazioni dei prestiti possono essere concesse volontariamente dagli intermediari sulla base delle loro valutazioni, da fare caso per caso.
La scorsa estate abbiamo condotto una rilevazione ad hoc sui piani di rifinanziamento delle banche, anche alla luce delle prossime scadenze delle TLTRO. Ne è emerso che le banche italiane intendono ripagare questi finanziamenti ricorrendo in parte alle riserve in eccesso detenute presso l’Eurosistema e alla vendita di attività liquide; poco più della metà verrebbe sostituita con fonti di raccolta alternative, riconducibili soprattutto al ricorso al mercato e a provvista da clientela. In una nuova rilevazione verrà a breve chiesto alle banche di aggiornare i loro piani alla luce delle mutate condizioni di mercato e delle decisioni adottate in ottobre dal Consiglio direttivo della BCE sul costo dei finanziamenti ottenuti mediante le operazioni a lungo termine. La sostituzione di questi ultimi potrà beneficiare anche della prossima attuazione della nuova normativa europea riguardante le obbligazioni bancarie garantite, su cui abbiamo da poco avviato il processo di consultazione. Le nuove regole pongono le basi per la costituzione di un mercato unico di queste passività, ampliando la platea dei potenziali sottoscrittori. La Banca d’Italia autorizzerà i programmi di emissione previa verifica della capacità degli intermediari di assicurarne un ordinato svolgimento secondo i criteri di sana e prudente gestione e con un adeguato livello di tutela per i sottoscrittori.
È infine in via di conclusione il processo di revisione e valutazione prudenziale (supervisory review and evaluation process, SREP) per le banche meno significative che vigiliamo direttamente, con il quale stabiliremo per ciascun intermediario i requisiti di capitale di secondo pilastro da rispettare quest’anno. Anche a seguito dell’eccezionale incertezza che caratterizza l’evoluzione del quadro congiunturale, i requisiti saranno fissati su livelli più elevati rispetto al passato, colmando quasi completamente il divario fino a oggi esistente con quelli stabiliti per le banche significative”.